Generazione Proteus by Dean Koontz

Author:Dean Koontz
Language: it
Format: mobi
Published: 2012-10-27T22:00:00+00:00

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Lei voleva vivere.

Coloro che hanno traversato l'esistenza con metà ricettori spenti, vivendo al minimo delle loro capacità, assorbendo soltanto un poco e ignorando metà di questo poco, dominati da ossessioni religiose o sociali e assillati da altri disastri psicologici dell'infanzia... sono proprio quelli che, una volta liberati delle croci personali, hanno la più grande sete di vita, il più forte impulso di autoconservazione e il più innegabile bisogno d'esperienza. Per loro, tutte le cose sono nuove; le persone e le cose vecchie si colorano di percezioni diverse. Per esempio, quanti ragazzi sono andati in guerra, saturi di slogan sciovinisti, traboccanti di fede cieca nella patria e nella storia, e poi hanno visto schiantarsi i pregiudizi radicati, hanno ampliato la loro prospettiva di fronte alla realtà della morte e della distruzione? Tornano ai lidi natii e sono uomini differenti, dentro la stessa pelle. Alcuni ne escono distrutti, naturalmente. Ma moltissimi sembrano ridestati da un sogno, e sono più consci delle proprie possibilità, degli aspetti del loro futuro. Abbandonano l'immaturità, i modi di vita dei loro genitori e cercano ruoli nuovi, nuove visioni, provano una filosofia nuova dopo l'altra, come spinti da una sete morale. Forse non era così, nelle guerre di un tempo: ma la nostra storia dimostra che è diventato così sempre più spesso, nei conflitti armati successivi. Come questi soldati, o come una monaca di trent'anni, che comincia a dubitare della propria fede e presto l'intellettualizza, Susan Abramson aveva una volontà di vivere che avrebbe smosso l'inamovibile.

Ma c'erano gli ostacoli.

Il più difficile era l'ostacolo nel suo grembo.

Lei nutriva un figlio, adesso, un figlio che non voleva e che non avrebbe mai potuto accettare. Era ormai nel suo grembo da tre settimane, un minimo di vita che Proteus modellava e cambiava ogni giorno per parecchie ore tormentose, mentre lei giaceva in uno stato semistuporoso sul lettino della cantina. La gestazione era tutt'altro che normale; solo Proteus poteva sapere quale lungo elenco di differenze stava tra la sua gravidanza ed una ordinaria. Dubitava che, se fosse riuscita in qualche modo a fuggire, nei mesi successivi, avrebbe potuto abortire senza mettere seriamente a repentaglio la propria vita. Proteus doveva aver preso misure per proteggere la sua creatura. E se lei fosse stata costretta a partorire senza l'aiuto di Proteus, le sue probabilità di sopravvivenza sarebbero state di certo ancora più ridotte. Com'era possibile che un medico se la cavasse con un parto tanto alieno? Sia che lei volesse il bambino o no, che lo capisse o no, che l'odiasse o l'amasse... avrebbe dovuto metterlo al mondo.

Ma dopo, finalmente, quando Proteus avesse avuto il suo prezioso figliolo, lei sarebbe stata libera di fare tutto ciò che poteva per fuggire dalla casa. Avrebbe dovuto fidarsi di lui, sino a quel momento; sapeva che si trattava di una speranza disperatamente esile, ma sapeva che era l'unica.

Sarebbe stato necessario prepararsi per quel momento lontano in cui le circostanze avrebbero favorito la sua fuga. Avrebbe dovuto trovare il modo di sferrare un colpo mortale, o almeno sufficiente per menomarlo, al sistema pensante.

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