Un giorno dopo l'altro by Carlo Lucarelli

Author:Carlo Lucarelli
Language: it
Format: mobi
Published: 2011-10-21T22:00:00+00:00

Matera sulla porta: - Grazia? C'è una segnalazione. Corri.

Cammino piano. Zoppico da una gamba e mi fa male un gomito, molto, ma continuo a camminare.

Sembro un matto, davvero, impolverato, nero, incrostato di sangue su una mano, stracciato sul gomito e su un ginocchio, un tossico in pieno delirio.

La gente si fa in là quando mi avvicino, ma io punto dove ce n'è di più e quando il portico si svuota attraverso e vado dall'altra parte.

E continuo a camminare, piano.

Lui mi segue.

Piano, anche lui, a qualche metro di distanza. Tiene sempre la mano in tasca, ma non la tira fuori e non si avvicina. Almeno finché c'è gente, credo.

Io potrei mettermi a urlare, attaccarmi a qualcuno e dire «È lui! È lui!» ma ho paura che la gente scappi e mi lasci solo sotto il portico. E poi non so neanche chi è, lui. Forse se vedessi un poliziotto, Ma non ne vedo.

Lui mi segue.

Quando gli sembra che acceleri il passo cammina più forte e quando mi fermo per attraversare non fa neppure finta di fissare una vetrina, si ferma e mi guarda.

Non si avvicina perché credo abbia paura che mi attacchi a qualcuno e cominci a urlare. Credo abbia altre idee per me. Credo che voglia uccidermi, ma non in questo modo.

La strada che separa casa mia dal provider non mi è mai sembrata così lunga come questa mattina. Non sto lontano, sto in una traversa di via Zamboni, alla fine di un semicerchio che attraversa piazza Maggiore e passa davanti alla Feltrinelli. Tutti luoghi pieni di gente, anche a quest'ora. Donne che escono dai negozi. Studenti. Tassisti che aspettano in piazza Maggiore. Studenti. Extracomunitari che vendono la roba per terra sotto i portici di via Ugo Bassi. Studenti. Studenti. Studenti. Non mi era mai sembrata così affollata come adesso, Bologna. C'è un sacco di gente che fa gruppo per attraversare la strada sotto le due torri, attenta a non farsi arrotare dagli autobus. Mi ci infilo in mezzo. E lui? Si ferma, a qualche metro di distanza, e mi guarda. Poi, mi segue.

Forse, se fossi più lucido, se non fossi volato giù dal secondo piano di un appartamento in fiamme, se non fossi stato sotto un tavolo di plastica mentre un tizio ammazzava la mia migliore amica, se fossi più lucido, forse, farei qualcosa.

Scappare, chiedere aiuto, farmi scudo con un bambino, qualcosa.

Ma nello stato in cui sono non mi viene in mente niente di più sensato che camminare.

Non posso infilarmi in un portone.

Se è chiuso o deserto quello mi si avvicina e mi uccide.

Non posso mettermi a correre in una strada laterale.

Non ci riesco, a correre, quello mi prende e mi uccide.

Non posso fermare un taxi.

A parte che non si fermerebbe per uno ridotto così, quello sale anche lui e uccide me e il tassista.

È un videogame.

Devo andare avanti, ho usato tutte le vite che avevo e devo continuare ad andare avanti.

Se l'avversario mi raggiunge comincio a lampeggiare, lo schermo si spegne e game over.

Attraverso via Ravegnana, passando davanti alla Feltrinelli.

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